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Marzo 2010
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11 Marzo 2011 - Mercoledì 19 Marzo 2014
San Giuseppe : Storia, Tradizioni,
Altari e come si preparano le pietanze
Speciale Festa di San Giuseppe
: Ecco tutto quello che devi sapere
Chi era San Giuseppe?
Perché si fanno gli Altari in suo onore? Quale storia, tradizioni,
origini, ci sono dietro il 19 marzo? Che cos'è un altare e come si
realizza? Quali pietanze si preparano? Che significato hanno
ques'ultime? Questo ed altro ancora ci aspetta in questo bellissimo viaggio
alla scoperta di un giorno così speciale dedicato ai Papà di tutto il mondo.
Mettetevi comodi. il viaggio è appena iniziato. Benvenuti su BeliceWeb.it
e Buona Lettura.
San Giuseppe, secondo il Nuovo
Testamento, è lo sposo di Maria e molte confessioni cristiane lo ritengono
il padre putativo di Gesù. È venerato come santo dalla Chiesa cattolica e
dalla Chiesa ortodossa. Il nome Giuseppe è la versione italiana dell'ebraico
Yosef, attraverso il latino Ioseph.
Giuseppe, Maria e Gesù bambino sono anche collettivamente chiamati Sacra
famiglia.
Il Padre putativo
I Vangeli e la dottrina cristiana affermano che il vero padre di Gesù fu Dio
stesso: Maria lo concepì miracolosamente senza aver avuto rapporti sessuali
con alcuno, per intervento dello Spirito Santo. Giuseppe, messo al corrente
di quanto era accaduto da una visione avuta in sogno, accettò di sposarla e
di riconoscere legalmente Gesù come proprio figlio. Perciò la tradizione lo
chiama padre putativo di Gesù (dal latino puto, "credo"), cioè colui "che
era creduto" suo padre (sulla scorta di Lc3,23).
San Giuseppe,
opera lignea di autore ignoto del
1738 - Catenanuova
Chiesa Madre Professione
In Matteo (13,5.5) la
professione di Giuseppe viene nominata quando si dice che Gesù era
figlio di un "téktón". Il termine greco téktón è stato interpretato in vari
modi. Si tratta un titolo generico che veniva usato per operatori impegnati
in attività economiche legate all'edilizia, dunque in senso stretto non
doveva appartenere a una famiglia povera, non si limitava ai semplici lavori
di un falegname ma esercitava piuttosto un mestiere con del materiale
pesante che manteneva la durezza anche durante la lavorazione, per esempio
legno o pietra. Accanto alla traduzione - accettata dalla maggior parte
dagli studiosi - di téktón come carpentiere, alcuni hanno voluto accostare
quella di scalpellino.
Gesù a propria volta praticò il mestiere del padre. Il primo evangelista ad
usare questo titolo è stato Marco che definisce Gesù un téktón in occasione
di una visita a Nazaret, osservando che i concittadini ironicamente si
chiedono: "Non è costui il téktón, il figlio di Maria?"[1]. Matteo, che
probabilmente si trovava a disagio con questo sarcasmo e con questo titolo,
riprendeva il racconto di Marco, ma con una curiosa variante: "Non è egli
(Gesù) il figlio del téktón?"[2]. Come è evidente, qui è Giuseppe ad essere
iscritto a questa professione.
Nei tempi antichi, i Padri latini della Chiesa hanno però tradotto il
termine greco di téktón con falegname, dimenticando forse che nella
Palestina di allora il legno non serviva soltanto per approntare aratri e
mobili vari ma veniva usato come vero e necessario materiale per costruire
case e qualsiasi edificio. Infatti, oltre ai serramenti in legno, i tetti a
terrazza delle case palestinesi erano allestiti con travi connesse tra loro
con rami, argilla, fango e terra pressata, tant'è vero che il salmo 129
descrive come sui tetti crescesse l'erba.
Origini e sposalizio con Maria
Lo Sposalizio della Vergine del PeruginoLe notizie dei Vangeli su san
Giuseppe sono molto scarne. Parlano di lui Matteo e Luca: essi ci dicono che
Giuseppe era un discendente del re Davide ed abitava nella piccola città di
Nazaret.
Secondo la tradizione degli apocrifi, in particolar modo il Protoevangelo di
Giacomo (II secolo) Giuseppe, discendente dalla famiglia di David e
originario di Betlemme, prima del matrimonio con Maria si sposò con una
donna che gli diede sei figli, quattro maschi (Giuda, Giuseppe, Giacomo e
Simeone) e due femmine (Lisia e Lidia). Rimase però ben presto vedovo e con
i figli a carico. Gli apocrifi cercavano in tal modo di giustificare la
presenza di fratelli di Gesù nei Vangeli. La Chiesa cattolica rifiuta questa
interpretazione, e sostiene che si trattasse di cugini o altri parenti
stretti (in greco antico vi sono due termini distinti: adelfòi, fratelli, e
sìnghnetoi, cugini, ma in ebraico una sola parola è usata per indicare sia
fratelli sia cugini) oppure collaboratori.
Seguendo ancora la tradizione apocrifa, Giuseppe, già in età avanzata, si
unì ad altri celibi della Palestina, tutti discendenti di Davide, richiamati
da alcuni banditori provenienti da Gerusalemme. Il sacerdote Zaccaria aveva
infatti ordinato che venissero convocati tutti i figli di stirpe reale per
sposare la giovane Maria, futura madre di Gesù, allora dodicenne, che era
vissuta per nove anni nel tempio. Per indicazione divina, questi celibi
avrebbero condotto all’altare il loro bastone, Dio stesso ne avrebbe poi
fatto fiorire uno, scegliendo così il prescelto.
Zaccaria entrato nel tempio chiese responso nella preghiera, poi restituì i
bastoni ai legittimi proprietari: l’ultimo era quello di Giuseppe, era in
fiore e da esso uscì una colomba che si pose sul suo capo [4]. Giuseppe si
schermì facendo presente la differenza d’età, ma il sacerdote lo ammonì a
non disubbidire alla volontà di Dio. Allora questi, pieno di timore, prese
Maria in custodia nella propria casa.
La morte di San Giuseppe
Tornato a Nazaret, Gesù cresceva giovane e forte, sottomesso ai genitori.
Quando iniziò la sua vita pubblica, molto probabilmente Giuseppe era già
morto. Infatti non è mai più menzionato dai Vangeli dopo il passo di Luca
sopra citato (talvolta Gesù è chiamato "figlio di Giuseppe", ma questo non
implica che fosse ancora vivente), e quando Gesù è in croce, affida Maria al
suo discepolo Giovanni, il quale "da quel momento la prese nella sua casa",
il che non sarebbe stato necessario se Giuseppe fosse stato in vita.
Secondo l'apocrifo "Storia di Giuseppe il falegname" che descrive
dettagliatamente il trapasso del santo, Giuseppe aveva ben centoundici anni
quando morì, godendo sempre d'un'ottima salute e lavorando fino al suo
ultimo giorno. Avvertito da un angelo della prossima morte si recò a
Gerusalemme e al suo ritorno venne colpito dalla malattia che l'avrebbe
consumato. Stremato nel suo letto, sconvolto dai tormenti, è travagliato
nella mente e solo la consolazione di Gesù riesce a calmarlo. Circondato
dalla sposa e dai figli del primo matrimonio, viene liberato dalla visione
della morte e dell'Oltretomba, scacciate subito da Gesù stesso. L'anima del
santo viene quindi raccolta dagli arcangeli e condotta in paradiso. Il suo
corpo viene poi sepolto con tutti gli onori alla presenza dell'intera
Nazaret.
Ancora oggi non sappiamo dove si trovi la tomba del santo, nelle cronache
dei pellegrini che visitarono la Palestina si trovano alcune indicazioni
circa il sepolcro di San Giuseppe. Due riguardano Nazaret e altre due
Gerusalemme, nella valle del Cedron. Non esistono, tuttavia, argomenti
consistenti a riguardo. Alcuni santi presumevano che egli fosse stato
assunto in cielo in anima e corpo al tempo della resurrezione di Cristo.
Preparare l'Altare di San
Giuseppe è una pratica che si fa in onore al Santo Giuseppe. Chi è devoto a
questo Santo, crea in pratica una cappella con ingresso e campanile,
dedicata a quest'ultimo. Generalemente la struttura dell'Altare è in legno.
Su di esso vengono poste tutte le pietanze di San Giuseppe; tra poco
vedremo quali sono e come si preparano.
Il 19 marzo si possono visitare
gli Altari nelle case delle persone che li hanno fatti. L'ingresso è libero a tutti e
quando la devota che ha preparato l'Altare ci fa dei doni, si devono
accettare. Ad esempio, non è possibile dire "No grazie". Sarebbe un'offesa al
Santo.
Ma com'è fatto di preciso un
Altare e qual è la tradizione antica?
Altare del comune
di Gibellina (Tp). Puoi ingrandire questa foto nel sito dell'autore,
cliccando qui
La sua forma rispecchia quella di una cappella. Un luogo sacro. La
tradizione originale forse negli ultimi anni si sta perderndo. Secondo le
antiche tradizioni, gli altari dovrebbero essere fatti di legno e dovrebbero
essere rivestiti da una pianta sempreverde chiamata
mortella. In alto come
prima cosa viene posta la Croce, simbolo della Cristianità. Le quattro
estremità dell'altare devono essere addobbate con l'alloro dove attorno ai
rami verranno messi i pani tipici di San Giuseppe, chiamati "Pani di
Tagliavia".
Mentre i piedi dell'altare si addobbano con rami di rosmarino. Poi in tutto
l'altare vanno posti arancie e limoni, per simboleggiare un'offerta al
Santo, derivata dai due frutti che la Sicilia produce. Al centro è riposta
la M della "Madonna di Tagliavia". Più in basso 2 pavoni rappresentano
l'immortalità e la resurrezione di Cristo. A destra della M vanno poste le
forbici come simbolo di laboriosità... Per approfondire
clicca qui
Ingredienti per 4 persone: 350 g di spaghetti; 400 g di sarde fresche; 3
filetti di sarde sotto sale; 1 cipolla; 1 spicchio d aglio; 20 g di pinoli;
3 mazzetti di finocchietto selvatico; 20 g di uvetta sultanina; 1 bustina di
zafferano (facoltativo); 1 dl di olio extravergine; sale e pepe.
Preparazione: asparagi, togliete loro la parte bianca e più dura del fusto,
legateli assieme a mazzetto e lessateli (per circa 15 minuti) ponendoli in
piedi in acqua salata dentro ad una pentola stretta e alta dove possano
fuoriuscire solo le punte (che si cuoceranno con il vapore).
I carciofi sono delle verdure deliziose che si prestano a moltissime
ricette, oggi faremo una frittata molto leggera che può essere servita come
secondo oppure tagliata a cubetti anche come antipasto. Ingredienti per la
frittata di carciofi (dosi per 4 persone).
Preparazione: Dopo aver mondato i cardi elimanado le foglie più dure e le
coste più esterne, tagliateli in modo sottile e lessateli in acqua. Indi,
rosolateli in padella con la cipolla. Battete le uova e aggiungete il
formaggio, il prezzemolo tritato, sale, pepe.
Le sarde a beccafico sono un gustosissimo secondo piatto di origine
siciliana: il connubio di sapori che si mescolano in questo piatto ne fa una
pietanza particolarmente saporita e ghiotta, sicuramente da provare. Quella
che vi proponiamo qui di seguito è la versione palermitana, ma nel
“consiglio” vi suggeriamo anche come prepararla all’uso catanese..
Gli
sfinci sono dolci tipici siciliani per san Giuseppe, sono chiamati anche
sfince o ancora sfingi o sfinge (la grafia del nome e’ molto incerta e
deriva dall’arabo); Qaundo sono più grandi, in Sicilia vengono chiamate
Sfinciuna.
La
cassata siciliana non è un dolce poi così difficile da preparare: basta
avere a disposizione gli ingredienti giusti (esempi: la ricotta di pecora
che deve essere freschissima e qualche mandorla amara per dare più sapore
alla pasta di mandorle del rivestimento) e partire qualche giorno prima con
la preparazione del pan di spagna e della pasta di mandorle.
E non per ultimo, il simbolo
tradizionale di San Giusepppe, ovvero il pane, chiamato anche "Lu
Cuccidatu". Questo pane si offre a chi fa visita all'altare.
Ingredienti
Farina, Burro, Lievito, Sale, Acqua e semi di finocchetto selvatico
Preparazione
Impastare la farina con il lievito, l’acqua, il sale e semi di finocchetto
selvatico. Una volta impastato preparare un cerchio con la pasta ed
intagliare. Mettere a lievitare l’impasto in un luogo caldo. Una volta
aumentato di volume infornare.